In un rinascimento reinventato, una compagnia di comici mette in scena la celebre storia di Antonio, il mercante di Venezia, che contrae un debito con l’ebreo Shylock, per sostenere i piani d’amore dell’amico Bassanio. La sfortuna però colpisce Antonio lasciandolo nelle mani dell’usuraio che pretende una libbra della sua carne.
In questa tragicommedia senza buoni o cattivi, tutti sono vittime di un mondo precario e ipocrita governato dal denaro e in cui si può vincere e perdere tutto nel giro di pochissimo. I personaggi shakespeariani incontrano qui quelli della Commedia dell’Arte portando in scena una pungente critica ad una società che assomiglia sorprendentemente a quella in cui viviamo.
L’incontro tra la commedia dell’Arte e Shakespeare crea uno spettacolo dinamico e veloce, in cui i quattro attori sono coinvolti in un gioco teatrale costantemente in bilico tra dentro e fuori la scena, in cui lazzi, canti e balli si intrecciano con l’opera originale. Il risultato è stato uno spettacolo dall’aspetto antico, ma dalle tematiche contemporanee. Un’allegoria storica, che evoca il passato tenendo conto del presente. Un intenso lavoro sul testo ha reso accessibili temi quali i limiti e la strumentalizzazione della legge e l’odio verso il diverso, senza snaturarli dal loro contesto originario. Venezia non incolpa Shylock per la sua appartenenza religiosa, ma per l’odio che esercita verso i cristiani. Lui è un outsider rispetto al mondo che lo circonda, e proprio questo mondo tenta di omologarlo, prima invitandolo a cena e poi obbligandolo a convertirsi.